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domenica, Ottobre 1, 2023

ABBIAMO INCONTRATO I LA RUA…

Fabio Gullo
Responsabile Sito e Social

La nostra Luisella ha incontrato Daniele Incicco, frontman dei La Rua, ne è nata una bella chiacchierata. Proviamo a raccontarvi il gruppo La Rua, tra passato, presente e futuro:

Ciao, Daniele, la vostra storia è già bella pregna, ricca di eventi, di avventure. Mi viene la parola “avventure” pensando a quella che avete appena vissuto o sbaglio? Perché mi risulta che siete di ritorno da poco da un “ Tour” mica da ridere?

Daniele – Sì, è stato diciamo un momento, una parentesi assurda della nostra carriera artistica, ma posso parlare personalmente anche della mia vita, perché io penso che fare 100 ore di volo in 16 giorni e suonare a Tunisi, Tokyo, Sidney, Buenos Aires (ci provo a dirtele tutte), Toronto, Barcellona e Bruxelles e davanti carriere trentennali, artisti che hanno carriere trentennali che spesso nemmeno si possono permettere e noi abbiamo avuto la fortuna di poterlo fare attraverso la Rai e la Farnesina, siamo stati molto fortunati è stata un’esperienza fantastica perché ti trovi dal mangiare Asado Argentino al Sushi Giapponese, dal parlare con una persona australiana e ritrovarti a fare una bevuta con un giapponese, e’ strano. È una cosa folle.

Immagino! Quasi da non sapere neanche più dove fossi?

Daniele – Sai mi hai fatto pensare una cosa, che in un certo senso vedi ancora meglio chi sei. Perché in realtà ti trovi comunque sbattuto a destra a sinistra in mezzo a culture diverse quindi è ancora più evidente quello che sei. Non hai sentimento genitoriale, non hai una sensazione di appartenenza a qualcosa e ti rendi conto che è tutto bello e tutto brutto, che tutto e’ fantastico ma allo stesso tempo è terribile, quindi è bella come sensazione. È strana e diversa, mi ha fatto capire, mi ha fatto crescere.

Sicuramente anche stancante direi?

Daniele – Beh stancante sì, però quando si fa qualcosa di importante, la stanchezza passa in secondo piano perché in realtà si hanno dei benefici importantissimi da quello che ne deriva a livello emotivo; è come se andassi a giocare una finale di Coppa Campioni, e’ stancante però la stanchezza non conta.

Tornando un bel passo indietro, come nascono i “ La Rua”?

Daniele – Allora siamo partiti nel 2009 con Dario Faini (Dardust), con il quale abbiamo cominciato a creare insieme la Band. Con alcuni di loro già mi conoscevo da tempo e quindi abbiamo cominciato a scrivere canzoni sulla base di alcuni pensieri che avevo io, quindi alcuni testi che avevo da parte, stralci di canzoni, alcuni slow, abbiamo cominciato a lavorare. Inizialmente c’e’ stata sempre questa necessità di andare a sperimentare all’interno di un mondo che abbracciasse sia l’universo indie che quello pop, quindi un qualcosa che potesse risultare largo ma con allo stesso tempo dei guizzi che appartenessero a questo tipo di Underground, tipo situazioni “ Live” periferiche, di locali. E così siamo partiti suonando e scrivendo, così e’ arrivato MTV , il 1 maggio, Amici.

Voi siete molto affezionati al concertone del 1 maggio?

Daniele – E chi non lo è.

E Sanremo?

Daniele – Sanremo ci manca. Il primo maggio è la terza volta che ci andiamo.

Va beh, ma Sanremo? Arriverà? Ci pensate?

Daniele – (ride) non so, un giorno penso che lo presenterò io Sanremo, invece di partecipare.

(ride) questa è un’anteprima! 

Daniele – In realtà non nascondo il fatto che Sanremo è bellissimo. Sanremo è un qualcosa di unico, è un torneo di ambizione enorme però allo stesso tempo bisogna avere il brano; lo ha dimostrato quest’anno Alessandro, (Mahmood). Se hai la canzone, hai un qualcosa che comunica, che è la freschezza, e sei pronto per andare su quel palco e spaccare tutto, vedi te dove puoi arrivare, perché è un grande amplificatore; però prima devi andarci col brano, perché se vai a Sanremo a raccontare che la tua casa è fatta di muri bianchi e basta alla gente magari nemmeno interessa la tua partecipazione. Un brano che racconta, che dice, che manifesta, che invade comunque il pensiero degli altri senza chiedere il permesso; è questo quello che deve fare una canzone secondo me. Se partecipi a questo genere di manifestazioni, deve essere quasi oltraggiosa, piuttosto che leggera.

Condivido, condivido (ride), soprattutto perché…ti posso dire una cosa? Frequentando la Sala Stampa del Roof (sopra all’Ariston), le canzoni più di rottura, se vuoi un consiglio, sono quelle che vengono più apprezzate. Perché ci svegliano, ci danno un po’ di energia (ride)

Daniele – Sì, ma … anche perché l’arte nasce per questo, cioè l’arte nasce per essere un grande evidenziatore su alcune cose che non abbiamo nemmeno il coraggio spesso di andare, non solo ad evidenziare ma anche solo a considerare. Ha questo potere, questo catalizzatore enorme, perché non usarlo? Cioè, è come avere… che ne so … l’acqua per dissetare l’intera Africa e rovesciarla nell’oceano.

Secondo me il motore di tutto è che noi possiamo pensare, immaginare una cosa che non esiste.

Quindi su quella roba noi possiamo edificare il futuro, edificare i cambiamenti storici, possiamo fare di tutto. Quindi la potenza dell’uomo sta 30 passi dietro a quella che è la sua fisicità, ma sta chiusa nella testa.

Deve essere partorita dalla vita, da esperienze, da qualcosa di forte, di profondo. Vedi tipo la canzone Soldi, di Alessandro, quello è un brano che devi aver vissuto una certa cosa, con tutto il prezzo dell’averla vissuta, con tutto il peso che comporta, per poterla scrivere. Ha insegnato moltissimo. Ha fatto più scuola quel brano, a parte il fatto che possa essere apprezzato per un’immediatezza musicale, ma proprio quello che dice dietro è una cosa importantissima. Per quello dico, a Sanremo ci vogliono canzoni forti.


Immagino che voi qualche canzone forte la sarete già tirando fuori…


Daniele – Sì, ci sto lavorando sulle canzoni forti, ma sono ancora lontano da quello che mi renderebbe orgoglioso di poter dire “questo è qualcosa di forte”. Forse un paio di brani li ho…ma li devo ancora lavorare per bene.


Sei un perfezionista?


Daniele – No, non sono un perfezionista, sono uno che sta crescendo. Sento di star crescendo a livello umano, personale, artistico e quindi non posso non stare al passo con la crescita che io sento. Che non vuole dire per forza star crescendo per il meglio. Però sto cambiando.


Tornando invece alla vostra esperienza ad Amici, quali sono le cose che vi ha lasciato, che vi portate dietro?


Daniele – Quello che mi ha lasciato, a livello tecnico, è che mi ha permesso di studiare 1 anno canto, gratis, che per me, per la condizione da cui venivo, era una follia. Io lavoravo 8, 9, 10 ore al giorno, quindi non potevo permettermelo. Poi abitavo in un piccolo paese di provincia, nella mia frazione siamo 30 abitanti…
Quindi quello che mi ha lasciato è stato sicuramente un grandissimo lavoro,
con i ragazzi abbiamo lavorato a strettissimo contatto per un anno, che è una cosa assolutamente da non sottovalutare (le squadre di serie A lavorano in questo modo). Allo stesso tempo però mi ha fatto comprendere molte cose, molte pericolosità del mondo dello spettacolo.
Ovvero quella sensazione di onnipotenza che ti dà nel momento in cui funzioni, allo stesso tempo quella sensazione di perdizione che ti può dare nel momento in cui il successo passa. Perché comunque questo è un mondo di sali e scendi.
Fai il 1 maggio, super posizionato, ma se per 2 anni resti in silenzio…
Mi ha anche insegnato , soprattutto in questo momento di crescita, nel quale so che sto edificando i muri per il futuro,quindi sto valutando tutto quello che mi è capitato (che ci è successo) e posso dirti che il proverbio “quello che non ti uccide ti fortifica”, è vero.

Questo tuo discorso serve anche a far capire quanto sia effimera oggi la fama, come in un attimo tu possa essere sul piedistallo più alto e poco dopo cadere….

Daniele – Il bello è che non è nemmeno un cadere. In realtà è la percezione che hai, nel momento in cui sei in alto. E’ come se, all’inizio, tu ti trovassi in fondo a Piazza di Spagna, poi fai 5 scalini, sei un po’ più in alto, poi arrivi in cima, sei altissimo. Ma se tornassi indietro per metà della scalinata, non è che stai cadendo. Ti stai comunque muovendo all’interno di quella scalinata, che è il percorso del successo, del tuo percorso musicale, che una volta può farti trovare 3 scalini sopra, una volta 3 scalini sotto, ma le tue canzoni stanno vivendo. Non si sa quanti scalini possono fare. Non sai nemmeno se è quella la canzone giusta, che ti farà fare 10 scalini.
Quella percezione è vista come “Bomba o non bomba”. Ma è una percezione commerciale, non è la misura dell’arte.


Arriviamo ad oggi. Durante la nostra chiacchierata sono saltate fuori due o 3 metafore calcistiche…che ci portano a “Nessuno segna da solo”


Daniele – Il nostro figlioletto… (ride)


Uscito poche settimane fa. Come è nato questo “figlioletto”?

Daniele – E’ il sunto di 40 / 45 canzoni, un disco nato dalla collaborazione con Dario Faini, con Elisa Toffoli con la quale abbiamo scritto anche il brano “Per motivi di sicurezza”.
Finalmente abbiamo fatto un lavoro molto corale, ci siamo dedicati il tempo necessario per fare un disco. Perché quello fatto appena usciti da Amici fu fatto in 10 giorni. Noi fino alle penultime puntate non avevamo proposte discografiche, poi è arrivata Universal e abbiamo dovuto fare un disco in 10 giorni, con tutte le criticità che comporta.
E in questi casi non si riesce mai a fare qualcosa di eclatante.
Invece questo disco ci è piaciuto molto. Volevamo dare subito un’idea di lavoro di squadra, di team, di collettivo. Visto che c’era l’immagine della bandiera, che io volevo mettere. ci è stato proposto da Corrado Grilli (Mecna). Tra le tante proposte a livello grafico, la bandiera era quella che mi faceva impazzire, perché proprio l’immaginario della bandiera rappresenta bene lo spirito di questo nostro progetto.
Quindi ci siamo trovati a dover scegliere un titolo e questo ci è saltato subito alla mente, perché “Nessuno segna da solo” è l’emblema massimo di quello che stiamo facendo.


Ed è anche verissimo. Nessuno potrebbe portare una squadra a vincere da solo, se non ci fosse il lavoro di tutti dietro.


Daniele – E Cristiano Ronaldo quest’anno ha contribuito a dimostrare questa cosa, non riuscendo a portare la Juventus a vincere la coppa.

Dal punto di vista sonoro, è un album un po’ differente dai vostri lavori precedenti, più elettronico, più variegato. Ma forse la vostra forza sta in questo. Come dicevamo, nel continuare a mutare, ad evolversi. Forse è normale aspettarsi sempre sonorità diverse nei vostri album?

Daniele – Sì, perché credo non sia qualcosa di nobile rimanere sempre aggrappati a delle sonorità, la vedo come una cosa troppo furba. Invece il coraggio deve essere nel cercare ogni volta una strada nuova, ogni volta qualcosa di diverso, ma soprattutto, qualcosa che possa andare d’accordo con quello che sta comunicando il brano, il testo. Perché centrale è quello.
Per esempio in “E’ fantastico”, sulla frase “Da grande voglio fare il cielo”, mi serviva qualcosa che mi portasse ad avvicinarmi a questo salto, infatti ci ho messo il salto di ottava grande.
Bisogna, secondo me, avere anche il coraggio di fare cose strane.
Perché in realtà oggi la musica è così tanto fruibile, veloce, perché limitarsi ad un genere? Una volta si faceva perché dovevi costruirti la tua riconoscibilità, nell’economia dell’ascolto sporadico che veniva fatto in radio, o per gli amanti del vinile, che lo compravano e se lo ascoltavano tutto perché amavano quel tipo di musica. Oggi le persone cambiano velocemente anche il gusto. Quanta possibilità in più abbiamo di ascoltare cose diverse?

Noi fruitori siamo anche meno manipolati nell’ascolto. Avendo più disponibilità, siamo più liberi di scegliere, mentre una volta “subivamo” un po’ di più quello che le major volevano che a noi piacesse.

Daniele – Si capisce per quale motivo oggi, generi tipo la trap, che secondo noi, nell’economia del pensiero pop del 2010 potevano non coesistere (con un fenomeno di allargamento così esponenziale) in realtà è arrivato. Per quale motivo è arrivato? Perché con la possibilità di andare ad ascoltare quello che si vuole, loro sono stati i primi a dire le verità, a non avere filtri, ad avere quel linguaggio che negli anni 90 avevano i gruppi metal (quando ero ragazzo si ascoltava il metal perché era quello che aveva il coraggio di dire certe cose, di suonare in un certo modo, mentre il pop era troppo leggero, candido).
Perché restare legati ad un genere quando domani potremmo tranquillamente fare una canzone rock come negli anni 70. E’ una figata…


Quindi dobbiamo aspettarci un pezzo trap dei La Rua


Daniele – Trap no, perché non mi piace quel modo di cantare, di stare sul tempo. Non che lo giudichi negativamente,anzi, secondo me è un bel movimento anche a livello culturale. Il punto è questo, che quello che penso io spesso ha un impianto diverso. Vengo dal rock, dal mondo del folk, quindi non ha quel tipo di atteggiamento lì.

Per quanto riguarda “Nessuno segna da solo”, c’è un brano al quale sei veramente particolarmente legato?


Daniele – “Stella cometa”, perché è la canzone nella quale mi tolgo qualche sassolino dalla scarpa.
Penso sia la canzone alla quale credo di più.

So che siete appena partiti con il Tour italiano.

Daniele – Siamo partiti l’8 giugno, con il festival di Comacchio , poi raggiungeremo altre località, nei prossimi giorni ci sarà un altro bell’annuncio. Aggiorneremo le nostre pagine social, per tenervi al corrente di quello che sta succedendo. sarà un bel tour e non vedo l’ora di cominciare.

Mi è arrivata voce che siete già al lavoro anche per un prossimo album. Avete un sacco di cose da farci sentire e da dire…

Daniele – Sì, perché abbiamo fame, ho tanta fame. Ho già raggiunto un altro livello di percezione di quello che sta succedendo, di quello che sono io, quindi devo obbligatoriamente scrivere.

C’è una domanda con cui sono solita chiudere le interviste. Nella vita on the road di una band, girando l’italia per concerti, possono accadere cose strane. La mia domanda è: qual è la cosa più strana che vi sia mai accaduta?

Daniele – Oddio…una volta, proprio all’inizio all’inizio, avevo da poco la macchina, suonammo con la band in un locale dove c’erano 5 persone ed eravamo abbastanza lontani da casa e, alla fine del concerto, alla nostra richiesta di avere almeno un rimborso spese, il proprietario è uscito con un pitbull e un tirapugni.
Mi ricordo che scappammo a gambe levate perché era una situazione davvero abbastanza pericolosa.

Sono ricordi divertenti, una volta superato lo shock, no?

Daniele – Sì, una volta superato sì, lì ce la siamo fatta sotto, poi con il tempo sono diventati divertenti.

Daniele, ti ringrazio tantissimo per questa bella chiacchierata. In bocca al lupo per tutto.

Daniele – Grazie mille, a prestissimo.

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