Whitey Brownie è un giovane collettivo di Latina composto dalla cantante Micol Touadi, il tastierista Alessandro Pollio e il batterista Alessandro Trani. Il trio inizia a collaborare nel 2014.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con loro.
Come vi siete conosciuti? Quali sono i vostri percorsi personali, che hanno portato poi alla creazione dei Whitey Brownie?
Alessandro Trani – La formazione originaria si è delineata nel 2015 ed era piú che altro un esercizio strumentale di riarrangiamento di classici del jazz e dell’hip hop. Nel 2017, dopo vari cambiamenti la formazione si è assestata sul trio attuale, formato da me alla batteria, Micol Touadi alla voce ed Alessandro Pollio ai sinth e piano. Nello stesso anno è iniziata la nostra collaborazione con Rest In Press, la nostra attuale etichetta discografica, ed in particolare con Pantu, che è il produttore di questo nostro primo Ep. Veniamo da una formazione fortemente jazz, ma restiamo alla costante ricerca di nuove sonorità e soluzioni che ci rendano sempre attuali e moderni. Cerchiamo di non assomigliare mai a nulla, mischiando un po’ tutto quello che ci piace, ma suonando a nostro modo, con il nostro stile, suonando Whitey Brownie.
A proposito di questo, come siete arrivati al nome “Whitey Brownie”?
Alessandro Trani – Siamo italiani, europei che suonano una musica che ha origine afroamericana, abbiamo voluto giocare con i colori per evidenziare questo, ispirati dal bianco e dal nero di questi dolcetti che risultano esteticamente “cicciotti”, un po’ come il groove della black music. Poi perché Whitey Brownie è un colore non esattamente definito, composto dall’unione di più elementi cromatici, che alla fine diventano musicali… Un po’ come noi. Non ci piacciono le cose troppo definite, ciò che può essere facilmente catalogato e volevamo che si capisse già dal nome della band.
Il vostro sound è molto articolato. Dal funk all’hip hop, suoni RnB, soul… Chi sono i vostri “mentori” musicali? Quali sono gli artisti che più vi hanno influenzati?
Alessandro Pollio – Gli artisti che più ci hanno influenzato sono sicuramente: Robert Glasper, Erykah Badu, Stevie Wonder. A questa lista di nomi internazionali segue però Pino Daniele, che per noi rimane un riferimento essenziale. Ascoltiamo molto, ognuno per proprio conto, amiamo la black music a 360° e cerchiamo di prendere il meglio da tutto ciò che passa nelle nostre cuffie.
Nell’odierno panorama musicale italiano, dove da un lato tenta di sopravvivere il pop melodico e dall’altra, per contrasto, tenta di farsi sempre più strada la Trap, come si inserisce il vostro progetto?
Alessandro Pollio – Il panorama italiano di oggi è molto più variegato di quello che sembra ed in generale c’è parecchio fermento, soprattutto a Roma. Il nostro progetto si inserisce in quella scena black di cui fanno parte davvero pochi artisti ma che sta lentamente crescendo.
Micol, la tua vocalità è molto particolare, da chi è stata ispirata? Quali sono i tuoi “miti”?
Penso che la mia vocalità si sia creata mischiando più elementi. Sono cresciuta con mia nonna, di origine napoletana, quindi sono molto affezionata a quel tipo di musicalità tradizionale. Ad 11 anni ho scoperto il gospel, in un laboratorio della mia scuola, e da lì mi si è aperto un mondo. Un mondo di musica black, nel quale mi riconoscevo e mi trovavo completamente a mio agio. Primo amore: Aretha Franklin. Per poi scoprire Erykah Badu e non lasciarla mai più. Per anni mi sono concentrata sul talento di Whitney Houston, la adoro ancora oggi, sono legata a lei perché siamo nate lo stesso giorno. La mia musicalità si è poi contaminata di influenze jazz grazie al mio percorso di studi al Conservatorio, durante il quale ascoltavo quasi esclusivamente quel genere. Mi sono innamorata, ovviamente, di Billie Holiday e della sua voce malinconica, di Natalie Cole. Su Nina Simone ho basato la mia tesi. Ho cercato sempre di non imitare queste grande voci, ma di coglierne la bellezza e portarla nel mio modo di cantare.
Per concludere, una domanda che faccio sempre alle band. La vita “on the road” è stancante ma spesso ha dei risvolti divertenti. Qual è la cosa più strana che vi sia mai capitata?
Alessandro Trani – Solitamente mi ritrovo a guidare per ore mentre Micol e Alessandro dormono tranquillamente.
Al di là di ogni battuta, i concerti solitamente durano qualche ora, il resto invece è attesa, carico/scarico, magari fila in autostrada ma tra noi ormai l’armonia è assolutamente familiare e ogni attesa è vissuta con la giusta carica e l’immancabile serenità che il nostro rapporto ormai fraterno ci consente di avere durante ogni viaggio o tour.
L’unico aneddoto simpatico che mi viene in mente al momento è legato al periodo delle registrazioni dell’EP a Cosenza , ci eravamo ripromessi di non esagerare a tavola col vino ma non avevamo fatto i conti con la solita ospitalità del sud Italia. Qualcuno di noi l’ha pagata cara…
Se volete ascoltare Never, il primo singolo estratto dall’album “Another Pink”, lo trovate qui:
