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SANREMO 2019: COS’E’ SUCCESSO DAVVERO SABATO SERA

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Inutile negarlo, dopo la finale del 69esimo festival della canzone italiana, non si sente parlare di altro che di complotti, ingiustizie e affari loschi dietro alla vittoria di Mahmood.

Vediamo allora di fare un po’ di chiarezza e spiegare cosa è realmente accaduto sabato sera.

La sala stampa detta “roof”, cioè quella con i giornalisti accreditati per votare i cantanti in gara, è un ambiente più vivo di quanto si possa immaginare.

Spesso è possibile captare (senza bisogno di poteri paranormali) quelle che sono le preferenze della maggior parte dei giornalisti presenti. Come? Facile: applausi, ovazioni, mani che si muovono a tempo, ma anche balletti improvvisati.

Da tutto questo, come avevamo raccontato anche nelle nostre dirette di sabato sera, si era capito che, tra i preferiti dei giornalisti c’erano, senza ombra di dubbio, Loredana Bertè (adorata soprattutto nella sala stampa Lucio Dalla), Daniele Silvestri, Simone Cristicchi ed anche Mahmood, capace di “svegliare” i presenti dal torpore, divertire (nonostante un testo piuttosto duro) e coinvolgere.

Probabilmente, se fosse stato il solo voto della sala stampa a decretare il vincitore, questi nomi si sarebbero giocati il podio.

Ma, per fortuna o purtroppo, il peso della decisione non era esclusivamente sulle nostre spalle.

Come sapete , oltre al voto della sala stampa (che aveva un peso del 30%), c’era il 20% della giuria d’onore (composta da MauroPagani, Elena Sofia Ricci, Ferzan Ozpetek, Serena Dandini, Claudia Pandolfi, Beppe Severgnini, Camila Raznovich e Joe Bastianich) e il 50% del televoto.

Senza entrare nel dettaglio dell’altalenarsi delle percentuali del televoto, ciò su cui volevo concentrarmi è un altro aspetto.

Durante la serata finale, noi giornalisti siamo stati chiamati a votare 2 volte. La prima volta, seguendo la solita formula delle 4 preferenze.

Una volta appresi i nomi dei 3 finalisti sul podio (quindi l’esclusione degli amatissimi Silvestri, Cristicchi, Bertè…), quello che si è avvertito in sala stampa era una sensazione di sconcerto.

A quel punto, siamo stati chiamati a votare una seconda volta (questa volta, ovviamente, indicando un solo nome). E tutto questo è avvenuto anche in tempi strettissimi. Mentre voi, da casa, guardavate gli rvm delle 3 canzoni, noi abbiamo dovuto prendere immediatamente una decisione.

E la frase che ho sentito ripetere più spesso è stata: scegliamo il “male minore”. (Lo so, sembra una cosa terribile, ma così non è.)

Attenzione, senza nulla togliere ad Ultimo e ai ragazzi de Il Volo, non aspettandoci di trovare questo terzetto sul podio, la scelta è stata abbastanza ovvia e scontata per la maggioranza dei giornalisti.

Ma…perchè?

Questa la mia personale opinione. Il brano che Ultimo ha portato al festival, non era nulla di speciale. Nulla di nuovo. Nulla che lasciasse il segno. Può piacere, può non piacere. Sicuramente era però meno incisivo di altri brani in gara.

Per quanto riguarda invece Il Volo, temo che il problema sia stato un brano “né carne, né pesce”. I tre ragazzi, forse stufi del vestito fatto loro indossare fino a quel momento, hanno tentato di presentare qualcosa che suonasse più moderno. Ma hanno osato troppo poco, finendo quindi con lo scontentare chi li ha sempre amati proprio per il genere che li contraddistingueva, e senza riuscire a conquistare un pubblico nuovo e scioccare con un brano più coraggioso.

Perché ha vinto Mahmood? Perché ha portato un brano moderno, al passo con i gusti del momento, ma con un qualcosa di più. Un testo di condanna (che, con buona pace dei leghisti, non esalta per nulla il mondo musulmano, dal momento che si tratta comunque di una dura critica nei confronti del padre, egiziano). La sua è una vocalità nuova, raffinata. Probabilmente leggermente tenuta a freno dalla melodia del pezzo. Può fare molto di più. (Se vi va, provate ad ascoltarvi qualcosa sulle sue pagine social e rimarrete piacevolmente sorpresi).

Quindi nessun complotto politico (anche perché dei più di 500 giornalisti presenti in sala, c’erano rappresentanti di testate politicamente agli antipodi…e, comunque, non ce ne sarebbe stato il tempo materiale). Nessun complotto “perché è egiziano”, anche perché Alessandro è più italiano di molti di noi. Nato, vissuto, cresciuto al Gratosoglio (Milano).

Strano poi che queste polemiche del tipo “è il Festival della canzone italiana, dovrebbe vincere un italiano” non siano mai state portate avanti quando a vincerlo era una certa Anna Oxa (1989 e 1999 – nata a Bari da padre albanese e madre italiana), Riccardo Cocciante (1991– nato a Saigon da padre italiano e madre francese), Lola Ponce (2008 – nata in Argentina da padre italiano e madre spagnola) o Ermal Meta (2018 – nato in Albania da genitori albanesi).

Forse viene il sospetto che il problema non sia la nazionalità, quanto il colore della pelle (anche se, a onor del vero, Alessandro è molto più “bianco” di un famosissimo presentatore italiano).

Venendo poi alla conferenza stampa al termine della premiazione, lì si è capito fino in fondo chi ha classe e chi non ne ha.

Ai ragazzi del Volo va il mio plauso. Sono arrivati sorridenti, si sono dimostrati felici per il loro terzo posto. Hanno ringraziato, magari abbozzato (in fondo, chiunque partecipi al Festival, in fondo spera di vincerlo). E, dall’alto dei loro successi mondiali (non tutti possono vantare di aver condiviso il palco con nomi come Barbra Streisand), hanno dato una vera dimostrazione di classe, di intelligenza e di eleganza. Cosa che non si può dire dei pochi (è giusto sottolinearlo) giornalisti che, alla dichiarazione del loro terzo posto, hanno urlato parole davvero poco carine nei loro confronti.

La situazione è stata leggermente diversa con Ultimo.

Entrato in sala stampa a testa bassa, a spallate, è salito sul palco con la faccia di chi avrebbe voluto dare fuoco alla sala, piuttosto che stare lì a rispondere a delle domande.

E, ad accoglierlo, ad onor del vero, c’è stato anche un applauso (seppur non calorosissimo).

Ma, animato dal rancore per non avere vinto, ha ben pensato di scatenare la folla, etichettando il vincitore come “Il ragazzo…Mahmood”, come a dire intanto che non ricordava quasi quale fosse il nome del vincitore. (Per non parlare del fatto che chiamare “ragazzo” il vincitore ci può stare se superi i 40 e hai almeno 20 anni di carriera alle spalle, non se ha 4 anni più di te).

Ovviamente, la frase ha sortito l’effetto (forse voluto) di alzare un vociare di malcontento. Io di insulti non ne ho sentiti comunque.

A questo punto, per peggiorare la sua posizione, ha ben pensato di dire ai giornalisti “Voi avete solo questa settimana per sentirvi importanti…e dovete rompere il c…o”. Bingo. Io stessa, ascoltata questa frase, sono rimasta di stucco. Non potevo credere che lo avesse detto davvero.

Teniamo presente che, di fronte a lui, non c’erano “pischelli”, ma giornalisti con carriere invidiabili, del calibro di Mario Luzzatto Fegiz, Luca Dondoni, Marinella Venegoni…

Vi pare strano che la platea si sia leggermente risentita?

Non contento, il giorno dopo pubblica sul suo profilo Instagram un video in cui dice di essere incavolato perché la volontà del pubblico italiano è stata rovesciata da 8 persone (la giuria di qualità) più “30 persone”.

Caro Ultimo, prima di partecipare al Festival, sicuramente ti avranno fatto leggere il regolamento. E questo è quello che prevede: che, al parere “popolare”, vengano sommati quello della giuria d’onore e della sala stampa (più di 500 persone, non una trentina, giusto permettere i puntini sulle i).

Lo hai firmato. Lo hai accettato.

Avresti dovuto semplicemente prenderne atto. A sottolineare questo aspetto,ci ha pensato anche Stash (il cantante dei The Kolors) dal suo profilo Instagram.

Giusto? Sbagliato?
Qua si potrebbe aprire un dibattito.

Anche perché, la decisione di rendere meno determinante il peso del televoto, è stata presa negli anni per evitare che gli unici avvantaggiati fossero i ragazzi usciti dai talent (con un immenso seguito votante) o, peggio ancora, chi (ed è successo in passato) acquistava interi call center per guadagnarsi il podio.

Ma il punto non è nemmeno questo.

Hai 23 anni. Hai vinto Sanremo Giovani lo scorso anno. Arrivi 2o quest’anno.

Ci sarebbe di che essere felici.

E invece Ultimo ha sprecato questa bella occasione. Peccato.

Speriamo che, maturando, si renda conto che un secondo posto non è una sconfitta e che, visti gli altri grandi nomi in gara, dovrebbe solo esserne fiero.

Invece che reagire come chi già sentiva la vittoria in tasca, prima ancora di partecipare…

Luisella Orsi
Giornalista & Speaker Radiofonica

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